NTC 2018, via libera alle nuove norme per le costruzioni

Il 22 marzo scorso sono ufficialmente entrate in vigore le nuove Norme Tecniche per le Costruzioni. Dopo una gestazione lunga quasi dieci anni, l’esigenza di semplificazione dei professionisti e degli operatori di settore si era fatta vivida, palpabile. Non a caso, a ridosso della pubblicazione del nuovo testo sulla Gazzetta Ufficiale, il Consiglio Nazionale degli Ingegneri (CNI) ha prontamente comunicato ai propri iscritti che “le NTC 2018 sono subito applicabili e utilizzabili anche se non è ancora stata pubblicata la circolare applicativa.” Certo, non siamo di fronte a una rivisitazione completa dell’ordinamento in materia o a un cambio di passo epocale. Infatti le nuove NTC, in larga parte, aggiornano e semplificano la normativa precedente rendendola “più aderente alla realtà strutturale del costruito,” scrive il CNI e “tutto sommato, più facilmente applicabile.”

Su questa scia, il Consiglio Superiore dei LL.PP. chiarisce che “rispetto alle NTC 2008 sono state riscritte intere parti delle norme per renderne più semplice il contenuto, è stata apportata una maggiore uniformazione terminologica e lessicale, sono stati eliminati alcuni refusi redazionali sia nelle formule che nel testo, sono stati aggiornati i riferimenti normativi e si è altresì provveduto a una riorganizzazione complessiva. Sono state, inoltre, inserite importanti innovazioni nel campo dell’ingegneria antisismica e per gli interventi sugli edifici esistenti, ambiti di grandissima importanza per il Paese.”
In quest’ottica, per incentivare i lavori di messa in sicurezza a costi accessibili, gli interventi sul patrimonio costruito dovranno rispettare requisiti meno stringenti rispetto alle nuove costruzioni. Si prevede, tuttavia, un periodo transitorio:“Alle opere private per cui è già stato depositato il progetto esecutivo o le cui parti strutturali sono in corso di esecuzione,” sottolinea Edilportale, “non si applicheranno le nuove NTC ma continueranno ad applicarsi quelle del 2008. Lo stesso accadrà per le opere pubbliche in corso d’esecuzione, con contratti già firmati e progetti definitivi o esecutivi già affidati.”

ANCE: “Siamo a una svolta decisiva”
“Le nuove NTC hanno tagliato finalmente il traguardo” è il commento a caldo dell’Associazione Nazionale dei Costruttori Edili (ANCE). “Siamo a una svolta decisiva per la realizzazione delle nuove costruzioni e, soprattutto, per l’adeguamento dei fabbricati esistenti. Ben 11 milioni di immobili, in Italia, si trovano in zone ad alto rischio sismico e oltre il 70% del patrimonio abitativo del Paese è stato realizzato prima dell’emanazione delle norme sulla sicurezza antisismica. È evidente a tutti quanto sia urgente intervenire con efficacia in termini di manutenzione e adeguamento strutturale.”
L’ANCE, inoltre, accoglie positivamente le novità relative alla sicurezza degli elementi non strutturali e secondari degli immobili, come i tramezzi o gli impianti. “Nel caso dei più recenti terremoti,” scrive a tal proposito l’associazione “è stato rilevato, infatti, che la maggior parte dei costi di ricostruzione è ascrivibile proprio alle parti non strutturali degli edifici, che subiscono numerosi e pesanti danni.” La nota dolente, invece, è ancora il meccanismo che regola i tempi per i controlli e le autorizzazioni – in capo alle amministrazioni pubbliche – per le costruzioni in zona sismica. “Attualmente i tempi per il rilascio delle autorizzazioni edilizie superano abbondantemente i 60 giorni previsti, con picchi che in alcune regioni toccano addirittura i 7-8 mesi” conclude ANCE. “È necessario, quindi, un aggiornamento della parte regolamentare contenuta nel Testo unico dell’edilizia (DPR 380/2001) ormai non più compatibile con la necessità di velocizzare e di dare certezza dei tempi agli interventi.”

ATECAP: “Ecco cosa cambia per il calcestruzzo”
Nel settore del calcestruzzo le novità più importanti riguardano principalmente la prescrizione, produzione, fornitura e posa in opera del materiale e i relativi controlli. Le classi di resistenza normalizzate per calcestruzzo normale (C8/10, C12/15, C16/20, C20/25, C25/30, C30/37, C35/45, C40/50, C45/55, C50/60, C55/67, C60/75, C70/85, C80/95, C90/105) vengono ridefinite utilizzando come riferimento le norme UNI EN 206 e UNI 11104. Inoltre nelle nuove NTC viene eliminato, rispetto alla normativa del 2008, ogni riferimento alla possibilità per il ‘prescrittore’ di dare indicazioni sulla composizione della miscela.“Rispetto al passato vengono inoltre indicate con precisione le caratteristiche che consentono di definire omogenea una miscela di calcestruzzo, individuando in questo modo l'oggetto delle diverse fasi dei controlli” suggerisce Associazione Tecnico-Economica del Calcestruzzo Preconfezionato (ATECAP). “La precedente definizione dava spazio, infatti, a interpretazioni che andavano a discapito dell’efficacia dei controlli stessi. Un passo in avanti è sicuramente quello concernente l’utilizzo degli aggregati da riciclo nel calcestruzzo. Un tema sempre più attuale, soprattutto dopo l'introduzione dei Criteri Ambientali Minimi (Cam) nelle opere pubbliche. La norma fornisce le percentuali massime di sostituzione degli aggregati naturali con quelli riciclati riferite alla classe di resistenza a compressione del calcestruzzo. Precedentemente, la classe massima di resistenza nella quale era possibile utilizzare gli aggregati riciclati era la C30/37. Le attuali NTC, invece, ne ampliano la possibilità di utilizzo fino al 20% alla classe di resistenza C45/55.”
Un capitolo a parte merita, infine, il calcestruzzo fibrorinforzato. Caratterizzato dalla presenza di fibre discontinue nella matrice cementizia, questa recentissima innovazione nel settore delle costruzioni viene introdotta e tassativamente regolamentata dalle nuove NTC.“Nel decreto appena varato” chiarisce l’associazione, “si afferma che per la qualificazione e progettazione di strutture in calcestruzzo FRC si dovrà fare esclusivo riferimento alle specifiche disposizioni che verranno emanate a breve dal Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici.”

 

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ANCE: Previsioni ancora disattese, l'Italia resta un Paese a due velocità

I dati che emergono dall’osservatorio congiunturale sull’industria delle costruzioni elaborato dall’Ance per il febbraio 2018 fotografano una condizione dinamica e in crescita, seppur condizionata da una serie d’inefficienze e di ritardi burocratici. L’Italia, di fatto, resta un Paese a due velocità. Se il Pil è cresciuto in media dell’1,6% - sostenuto prevalentemente dalla domanda interna - non si può non tener conto del differenziale con i Paesi europei, che si attestano su una crescita media del 2,4% in termini reali.
In questo contesto il settore delle costruzioni, pur contribuendo con un 8% annuo alla composizione del Pil italiano, non riesce a risalire la china.
“In assenza del crollo osservato negli investimenti in costruzioni,” si legge nel preconsuntivo elaborato dall’Ance,“l’economia italiana avrebbe potuto crescere, mediamente, di circa lo 0,5% in più ogni anno, riportandosi ai livelli pre-crisi similmente a quanto accaduto nei principali Paesi europei”. Su tale risultato, come del resto ci si poteva attendere, incide in modo preponderante l’andamento negativo del settore dei lavori pubblici. Basti pensare che dieci anni di crisi hanno generato un gap d’investimenti in infrastrutture pari a 60 miliardi di euro.

Investimenti in costruzioni

Un cambio di passo è possibile
I dati Istat relativi ai permessi a costruire – riferiti all’edilizia residenziale e non – evidenziano le prime variazioni positive. Inoltre, dal 2016, gli stanziamenti per il settore messi a punto dal Governo sono stati cospicui, a partire dall’aumento delle risorse per le infrastrutture (+72% per il triennio 2016-2018), fino ad arrivare al superamento del Patto di Stabilità (con l’introduzione di misure a sostegno degli enti locali) e alla contestuale programmazione pluriennale per i principali soggetti attuatori (tra cui figurano in special modo Anas e Rfi).
Tuttavia”, stigmatizza Ance, “anche nel 2017 il settore dei lavori pubblici registra un calo netto attestandosi al meno 3% rispetto all’anno precedente. La performance peggiore è quella dei Comuni che nello scorso anno hanno ridotto la spesa per investimenti in opere pubbliche di circa 800 milioni. Un risultato ancora fortemente negativo dopo un 2016 chiuso con meno 1,7% miliardi di spesa. Abbiamo raggiunto il livello più basso dall’inizio della crisi. Mentre il Def è costretto a rivedere al ribasso le proprie previsioni, la clausola europea per gli investimenti – che prevedeva un aumento degli investimenti di 5 miliardi nel 2016 – ha portato invece a una riduzione di 2 miliardi. In più, l’inefficienza nelle procedure di spesa della Pubblica Amministrazione ha annullato gli obiettivi fissati dalle scelte di politica economica”.
In aggiunta, va rilevato che con l’entrata in vigore del nuovo Codice Appalti 2016 – e del decreto correttivo dell’anno successivo – non si è provveduto a un progressivo rilancio del settore. Basti pensare che a causa delle inefficienze diffuse si stima che nel biennio 2017/2018 andranno sprecati circa 6 miliardi d’investimenti. L’intero ammontare della spesa aggiuntiva preventivata dal Governo, dunque, non sarà di fatto esigibile.

Prospettive per il 2018
Le previsioni dell’Ance parlano di una crescita del 2,4% degli investimenti totali nel settore delle costruzioni. Nel dettaglio dei comparti si osserva:
- Nuove abitazioni: +2,8%;
- Riqualificazione edilizia: +1,3%;
- Edilizia non residenziale privata: +3,7%;
- Opere pubbliche: +2,5%.
Per le stime inerenti al comparto delle infrastrutture va tenuto conto degli stanziamenti messi in campo dal Governo, dell’avvio della ricostruzione delle zone terremotate e dell’approvazione, alla fine del 2017, del contratto di programma Anas. Un risultato, tuttavia, che diventerà pienamente esigibile solo se la Pubblica Amministrazione riuscirà a bypassare gli ostacoli relativi ai meccanismi di spesa.
Le dinamiche sottese a questo nuovo trend, inoltre, vanno analizzate tenendo conto della crescita della riqualificazione del patrimonio abitativo, dell’atteso cambio di passo sulle opere pubbliche – dopo oltre un decennio di crisi – e del recupero dei livelli produttivi nella nuova edilizia abitativa. A ciò si aggiunga il consolidarsi della ripresa del comparto non residenziale privato.
“Analogo effetto avrebbero ulteriori misure fiscali,” suggerisce Ance, “per incentivare i processi di riqualificazione urbana. Si tratta, in particolare, della riduzione dell’imposta di registro per la ‘rottamazione’ delle abitazioni obsolete ed energivore, il riconoscimento della detrazione Irpef del 50% per gli interventi di demolizione e ricostruzione – con annesso ampliamento volumetrico e regime di premialità per l’impresa che acquista immobili da efficientare energeticamente – e l’estensione, alle zone a rischio sismico 2 e 3 della detrazione Irpef del 75-85% sul prezzo di vendita per l’acquisto di case antisismiche cedute dalle imprese di costruzioni.”
Tuttavia, in questo scenario, è auspicabile che gli Enti locali assimilino finalmente le nuove regole di finanza pubblica – quali il superamento del Patto di Stabilità interno e la conferma dei meccanismi di utilizzo degli spazi finanziari – per essere in grado, in sostanza, di riattivare una politica di investimenti stabile e regolare. In tal senso, l’approvazione del contratto di programma Anas 2016-2020 e la prosecuzione dell’iter inerente al contratto Rfi 2017-2021, potrebbero riattivare importanti flussi d’investimenti nei prossimi anni.

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